Vi è in questa espressione, fiorita da un popolo laborioso come quello di Milano, un filo di amarezza per i disinganni che sono sempre venuti a quelli della zappa, da parte di chi si valeva... della lappa.

Dalla fusione della particolarità della pidria, che si posa a rovescio e dal significato dell’aggettivo invers, è venuto questo icastico detto milanese per cui si suol dire "L’è invers come ona pidria" quando s’incontra una persona che è di umore nerissimo, quasi inavvicinabile.

Praticamente lo si usa per chi, non avendo inizialmente intuito una situazione, ad un tratto ne percepisce il significato o ne scopre il trucco.

Oggi chi è venuto a trovarsi impegolato in una situazione senza uscita, chi ha dovuto subire l’abilità dialettica del suo contraente o contraddittore, o ritiene di essere stato un poco raggirato e soverchiato dice: "m’hann faa sù"

I milanesi amano le cose concrete, precise, non hanno simpatia per i faccendieri che improvvisano tutto e quando vedono qualcuno che si accinge a un lavoro che non è il suo, lo richiamano alla realtà dicendogli: "Ofelee, fà ‘l tò mestee".

Proverbio antico ed ancora molto usato; così si rimproverava chi adduceva mali immaginari per scansare lavoro ed oggi i milanesi applicano la regola per i moderni assenteisti, per i pigri.  

Un detto che ben si attaglia ai "ganimede" incorreggibili, i quali possono imbattersi in una "gallina" esigente, la quale pretende delle prestazioni almeno rispondenti... all'offerta; nel qual caso il "gallo" rischia di lasciarci le penne. 

Da questa consuetudine, tipicamente milanese, è venuto il detto:
Fà san Michee, che in senso figurato significa traslocare, sgomberare una casa di ogni suppellettile e andarsene, con le cose e..... con i ricordi, in un altro alloggio.

L'antico detto milanese pare che sia stato coniato per un predicatore che girava in città e nel contado tenendo lunghe concioni ed attaccando in modo particolare certo malcostume di allora. In chiusura delle sue prediche era usanza dell'abate prevedere gravi sanzioni divine per coloro che non si fossero messi sulla via della rettitudine; le sue parole erano tanto infuocate che... ne nacque il detto!  


È intuitivo che l’operazione avviene un poco a tentoni, alla luce fioca della lucerna; perciò si suol dire "andà per rann" — letteralmente andare a pesca di rane — quando si brancola nel buio, magari metaforicamente, e si procede lentamente, con incertezza.

L'eloquenza di questo proverbio è universale; purtroppo ci sono sempre dei limiti. 

Detto corrosivo adatto a quelle persone ignoranti, asini appunto, che non sanno distinguere tra cosa e cosa, anche nei discorsi, per cui si presume che non sappiano neppure capire se cio' che vedono sono feci, a meno che le tocchino con le mani.
Naturalmente la fantasia popolare gioca sulle parole, ma il detto veniva usato pure nei confronti di chi era preposto a cariche dirigenziali o a civiche amministrazioni di cui non conosceva assolutamente nulla; come se s'interpellasse un barbiere per problemi d'idraulica o un carpentiere per problemi di siderurgia. Il detto è tuttora2 usato all'indirizzo di nostri attuali ministri!
 


Detto milanese salace ad uso delle persone che vogliono fare i saccenti, cadendo spesso in contraddizione e facendo gli spiritosi a sproposito, con discorsi insipidi ed atteggiamenti stupidamente cattedratici esponendosi in berlina da sé stessi.  

Vecchio proverbio, quasi dimenticato, che metteva bene in luce il fatto che frequentemente le serve non hanno nulla da imparare dai padroni, essendo altrettanto educate e forse ancora più di loro.  

 

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